sabato 2 dicembre 2017

Motivazione intrinseca ed estrinseca




Anche l'apprendimento, come i nostri comportamenti, è collegato e dipende dalla motivazione, essa può essere intrinseca o estrinseca.
Quando questa è intrinseca, si può dire che viene mossa dalla curiosità, una "motivazione cognitiva". In altri casi non è solo la curiosità a spingerla, bensì anche il piacere provato nel fare una certa attività. Sono stati condotti diversi esperimenti riguardanti la motivazione intrinseca, tra questi c'è quello di Harry Harlow, che con l'aiuto di due suoi allievi ha condotto un esperimento su un gruppo di macachi. Le scimmie sono state sottoposte a giochi di logica e intelligenza, come puzzle o rompicapi. Alla fine dell'esperimento si è potuto notare come le scimmie che erano state premiate con del cibo (rinforzo) non avevano ottenuto risultati buoni come quelle che avevano giocato per il solo piacere di farlo. Anche secondo lo psicologo Edward Deci, autore di altri esperimenti sulla motivazione intrinseca, quando c'è la presenza di un rinforzo e quindi un premio, la motivazione diminuisce rispetto a quando si agisce per la propria soddisfazione.

Nella motivazione estrinseca , al contrario, il soggetto è mosso da fattori esterni e solitamente è presente il rinforzo costituito da un premio. In ambito scolastico entrambi i tipi di motivazione sono presenti, lo studente che studia per accrescere il proprio sapere, è probabile che ottenga risultati maggiori rispetto a quello che studia per evitare situazioni spiacevoli come punizioni o in vista di un premio.
A seconda del tipo di motivazione si possono distinguere obiettivi di padronanza o prestazione: nel primo caso lo studente studia per accrescere il suo sapere, nel secondo per dimostrare le proprie capacità. Gli obiettivi di padronanza corrispondono quindi alla motivazione intrinseca, quelli di prestazione alla motivazione estrinseca.
Lo psicologo statunitense John W. Atkinsons ha elaborato una teoria secondo la quale anche lo stato d'animo dell'individuo svolge un ruolo importante: una tendenza al successo è riconducibile alla fiducia in se stessi, una tendenza al fallimento alla paura.   

Attribuzioni nella vita scolastica




All'interno della scuola è importante il fattore costituito dallo stile attributivo, infatti uno studente abituato a contare su se stesso e sulle proprie capacità avrà un rendimento scolastico migliore. Questo fenomeno è chiamato dagli studiosi "self serving bias" ovvero inclinazione verso se stessi.
In alcuni casi però, l'attribuzione interna può portare allo sviluppo di situazioni negative e difficilmente recuperabili, infatti l'alunno potrebbe arrivare a pensare di non avere attitudine verso una materia in particolare, impedendo così le possibilità di miglioramento. Questa situazione può essere ulteriormente accentuata dall'insegnante, il quale può considerare un ragazzo "limitato" nella sua materia, nel caso in cui il ragazzo facesse un buon lavoro l'insegnante lo accuserebbe di aver copiato.
Lo studioso Robert K. Merton, attraverso l'espressione profezia che si autorealizza, spiega che l'aspettativa che un insegnante ha di un suo alunno ne influenza il rendimento scolastico, infatti l'alunno si fa contagiare da ciò che l'insegnante pensa di lui. Un'altra forma di influenza si verifica nel fenomeno così detto di Pigmalione, studiato da Robert Rosenthal e Leonore Jackobson. I due studiosi hanno effettuato un esperimento su un campione di 20 bambini di una scuola statunitense, la Oak School: i bambini vennero presentati alle maestre come dei "piccoli geni", quando in realtà erano semplici bambini scelti a caso. Le maestre però, convinte di trovarsi con dei bambini con un intelligenza superiore alla media, riuscirono ad ottenere da loro prestazioni scolastiche di livello molto elevato, questo per via della considerazione che avevano di loro, che li aveva trasformati da normali alunni a ottimi studenti.

Le attribuzioni









Il nostro comportamento dipende non soltanto dalle motivazioni, ma anche dalle nostre spiegazioni riguardo le situazioni che viviamo. Queste spiegazioni sono dette attribuzioni e sono dei ragionamenti riguardanti ciò che accade intorno a noi, gli eventi e le situazioni della nostra vita e il rapporto con il mondo.
Tra i vari psicologi che hanno approfondito tale tema, c'è Fritz Heider, psicologo austriaco che ha diviso le attribuzioni in base alla localizzazione della causa, interna o esterna e il conseguente modo di concepire la vita:
- ATTRIBUZIONE INTERNA, il soggetto attribuisce a se stesso le colpe o i meriti della sua vita, infatti l'attribuzione può avere valenza negativa o positiva a seconda dei casi. I soggetti inclini a questo tipo di attribuzione ritengono se stessi gli artefici del successo o dell'insuccesso della loro vita.

- ATTRIBUZIONE ESTERNA, il soggetto attribuisce le cause di ciò che gli accade a fattori esterni quali, per esempio, la sfortuna e rinuncia così ad essere l'artefice della propria vita.

Secondo lo studioso Julius B. Rotter in base a dove l'individuo colloca il "locus of control"(punto di controllo) si sente responsabilizzato (attribuzione interna) o si deresponsabilizza (attribuzione esterna). La motivazione al successo è maggiore negli individui con un locus of control interno, infatti si impegnano di più per realizzare i loro desideri. Nonostante ciò, quest'attribuzione presenta un aspetto negativo che si verifica quando il soggetto tende a prendersi "la colpa" di eventi a lui estranei.
Sono stati poi individuati dallo psicologo Bernard Weiner tre aspetti inerenti al processo di attribuzione:
- internalità, collocazione della causa, interna o esterna;
- stabilità, carattere costante o mutevole della causa;
- controllabilità, possibilità dell'individuo di controllare la causa;
 In base a se l'attribuzione di un soggetto è esterna o interna, la stabilità e la controllabilità cambiano molto; infatti una situazione che da un individuo con attribuzione interna è vista come controllabile, non lo è per uno con attribuzione esterna.

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