Quando questa è intrinseca, si può dire che viene mossa dalla curiosità, una "motivazione cognitiva". In altri casi non è solo la curiosità a spingerla, bensì anche il piacere provato nel fare una certa attività. Sono stati condotti diversi esperimenti riguardanti la motivazione intrinseca, tra questi c'è quello di Harry Harlow, che con l'aiuto di due suoi allievi ha condotto un esperimento su un gruppo di macachi. Le scimmie sono state sottoposte a giochi di logica e intelligenza, come puzzle o rompicapi. Alla fine dell'esperimento si è potuto notare come le scimmie che erano state premiate con del cibo (rinforzo) non avevano ottenuto risultati buoni come quelle che avevano giocato per il solo piacere di farlo. Anche secondo lo psicologo Edward Deci, autore di altri esperimenti sulla motivazione intrinseca, quando c'è la presenza di un rinforzo e quindi un premio, la motivazione diminuisce rispetto a quando si agisce per la propria soddisfazione.
Nella motivazione estrinseca , al contrario, il soggetto è mosso da fattori esterni e solitamente è presente il rinforzo costituito da un premio. In ambito scolastico entrambi i tipi di motivazione sono presenti, lo studente che studia per accrescere il proprio sapere, è probabile che ottenga risultati maggiori rispetto a quello che studia per evitare situazioni spiacevoli come punizioni o in vista di un premio.
A seconda del tipo di motivazione si possono distinguere obiettivi di padronanza o prestazione: nel primo caso lo studente studia per accrescere il suo sapere, nel secondo per dimostrare le proprie capacità. Gli obiettivi di padronanza corrispondono quindi alla motivazione intrinseca, quelli di prestazione alla motivazione estrinseca.
Lo psicologo statunitense John W. Atkinsons ha elaborato una teoria secondo la quale anche lo stato d'animo dell'individuo svolge un ruolo importante: una tendenza al successo è riconducibile alla fiducia in se stessi, una tendenza al fallimento alla paura.